Il mio metrò bloccato da una griglia

ennio cascetta metropolitana di napoli

«Negli anni Duemila, sarebbe stato impossibile restare due mesi a discutere sui giornali di una grata di 4 metri per 4 in piazza del Plebiscito. Il fatto che ora invece accada è il segnale di una mancanza di progettualità della città». Ennio Cascetta è presidente della Metropolitana di Napoli, amministratore unico di Ram (Rete autostrade mediterranee), ordinario di Pianificazione dei sistemi di trasporto alla Federico II di Napoli, docente presso il Massachusetts Institute of Technology (Mit). Ma è soprattutto, l’uomo che ha progettato la metropolitana di Napoli nel lontano 1994.

Professore, la grata del Plebiscito potrebbe essere l’ostacolo che ferma i vostri piani?

«Spero che si risolva tutto a breve, altrimenti vedremo un altro film rispetto a quello programmato. E non è detto che sia bello: due, tre anni di ritardo e una decina di milioni di spesa in più».

Quali sono i suoi obiettivi per i prossimi due anni?

«Abbiamo molte opere da concludere e la parte finale è sempre quella più complicata, quando i nodi vengono al pettine. Dobbiamo aprire all’esercizio la stazione Duomo della linea 1, completare i lavori di piazza Municipio e aprire il sottopasso con il porto, completare la sistemazione superficiale di piazza Garibaldi e attivare le stazioni Centro direzionale e Tribunale e, insieme al concessionario Ansaldo, completare la linea 6 con le stazioni di piazza Repubblica, San Pasquale, Chiaia e Municipio».

È ritornato a Napoli, dopo l’incarico alla struttura di missione del precedente ministero delle Infrastrutture. Perché?
«Il lavoro con il ministro Delrio è stato molto stimolante. Sono tornato a Napoli perché penso che il progetto metropolitana valga tanto e volevo seguirlo fino alla fine. Mi è sembrato bello tornare e completare un’opera che ho visto nascere. Dal 1994 ho lavorato al piano comunale trasporti approvato nel 1997. Un piano che definiva la rete ferroviaria di Napoli e della sua area metropolitana che oggi si sta ancora realizzando , si programmò la rete di alta velocità e la stazione di Afragola. Dal punto di vista professionale veder realizzati progetti che hai immaginato è un privilegio e una grande soddisfazione. La metropolitana ha cambiato la città e la cambierà ancora in meglio».

Cosa è cambiato da allora?
«Sono stato assessore regionale dal 2000 al 2010, la città era ricca di aspettative. In quegli anni c’era la convinzione che molti progetti previsti nella stagione di Bassolino si sarebbero realizzati: Napoli Est, Bagnoli, Rione Terra, Campi Flegrei, la riqualificazione del Miglio d’oro, la delocalizzazione a Caserta del primo Policlinico, il rilancio del Cilento, le aree interne e la linea Napol-Bari. C’era una progettualità territoriale significativa. Quasi nulla si è realizzato. Ma in quella Napoli ante crisi, esisteva un’ipotesi di crescita economica di Napoli, si ragionava su come innescare lo sviluppo».

Questo non accade più?
«Siamo in una fase di recessione non solo economica ma anche di aspettative, ci accontentiamo di sopravvivere. Non mi sembra ci siano progetti sullo sviluppo della città, con la crisi sono cambiate le condizioni economiche e il mercato immobiliare, ma stiamo ancora a discutere di Bagnoli. Dopo 30 anni, non è possibile che il porticciolo resti ancora nel degrado, con i gommoni e le boe. Quella sarebbe una marina da sogno in tutto il mondo. Si parla, si parla e intanto le speranze si raffreddano. Quando crei aspettative e non le trasformi in opere, la disillusione è inevitabile».

Cosa pensa dell’autonomia delle regioni del Nord?
«È un passaggio critico e potenzialmente molto pericoloso per il Mezzogiorno e per l’ intero Paese. Certo dipenderà da come si realizza il processo di federalismo delle tre regioni più ricche d’Italia ma in ogni caso non risponde ad un nuovo disegno del regionalismo italiano. Oggi si cerca di risolvere i problemi locali senza una discussione di quello che dovrebbe essere il regionalismo solidale in tutto il Paese. Insomma si propongono toppe ma nessuno affronta il problema nel suo insieme».

Non toccherebbe alla politica fare progetti di sviluppo?
«La politica dà risposte a singoli problemi ma non fa progetti. È un mood che riguarda l’Italia tutta, tranne forse Milano. Manca la capacità e la volontà di pensare al futuro, di investire per tornare a crescere. In questi anni l’Italia si è ripiegata su se stessa, ha perso fiducia nel futuro. A Napoli tutto si esalta e così accade che ci ritroviamo in queste condizioni, con molta disillusione».

Qual è il suo più grande rimpianto?
«Dal punto di vista professionale e civico è collegato alle brutte stagioni del governo regionale post Bassolino, ai tempi della giunta Caldoro. Furono bloccati tutti i cantieri. Un danno politico ed economico notevole senza una ragione confessabile, una delusione per me che li avevo voluti e avviati. Parlo di Cumana, Circumflegrea, Circumvesuviana: stazioni pronte al 90 per cento ma interrotte, molti di quei cantieri nonostante la volontà della Regione sono ancora fermi per i contenziosi. Per fortuna, la linea 1 e 6 erano concessioni comunali altrimenti oggi non avremmo avuto la metropolitana di cui stiamo tutti godendo. Fa male anche vedere fermare e rallentare opere dell’Alta velocità, uno dei pochi progetti- Paese che hanno veramente cambiato le cose».

E le gioie più grandi?
«Ho avuto tantissime soddisfazioni professionali. Ma le gioie più grandi me le danno i miei figli, Vittorio, 32 anni, ingegnere, lavora a Ginevra . Priscilla, 28 è un medico specializzando in oncologia. Ho sacrificato la famiglia quando ero assessore, se tornassi indietro non lo rifarei».

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Quali sono le sue passioni?
«La corsa, e più in generale lo sport. Quest’anno sono stato alla maratona di New York con mio figlio. Amo anche il cinema, ci vado spesso con mia moglie: tra i registi mi piace Clint Eastwood e Paolo Sorrentino, tra gli attori attori Russell Crowe e Toni Servillo».

Quali sono le letture che più l’appassionano?
«Sono un lettore onnivoro, scelgo romanzi, saggi. Ora mi sto appassionando ai libri sulle scoperte sul funzionamento della mente umana, sulle prospettive economiche dell’intelligenza artificiale. È molto affascinante la fase in cui viviamo, stiamo per scoprire il più grande mistero irrisolto, quello della nostra mente. Mi piace immaginare cosa potrebbe succedere nei prossimi anni».

Come giudica le condizioni della città?
«Valuto molto positivamente il grande boom del turismo. Mi sembra che anche il settore della ricerca e della innovazione tecnologica sia in una fase positiva. Ma dovremmo avere più servizi, cercare di espandere gli effetti positivi di una nuova stagione. Non si prova a veicolare i flussi turistici oltre i confini cittadini, penso ai Campi Flegrei e al Vesuviano. Napoli oggi mi sembra una città che ha una ottima immagine ma che ancora fatica nella realtà di tutti i giorni ».

Repubblica del 13/01/2019

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